Bisogna avere paura dell’intelligenza artificiale? Cosa ne sarà del valore artigiano nel nuovo paradigma tecnologico? Questi e altri interrogativi sono stati al centro della riflessione del Dialogo di Spirito Artigiano dal titolo “Orgogliosi, attenti, consapevoli: gli Artigiani e l’Intelligenza Artificiale. Idee a confronto” che si è svolto a Cagliari nella meravigliosa architettura dell’ex Manifattura tabacchi.
A ragionare sulle potenzialità di questo nuovo sviluppo del digitale, che più di altri in precedenza non solo ha guadagnato rapidamente la ribalta in tempi sempre più rapidi, ma è stato da subito in grado di suscitare passioni forti e altrettanto forti aspettative e timori sono stati Fabio Mereu, Vicepresidente Vicario della Confartigianato Sardegna, Giulio Sapelli, Presidente della Fondazione Germozzi (in videocollegamento), Mauro Magatti, Professore ordinario di Sociologia alla facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Marco Bettiol, Professore associato di Economia e Gestione presso il Dipartimento di Economia e Gestione dell’Università di Padova, Edoardo Fleishner, Giornalista e Docente di Scrittura crossmediale e di Comunicazione digitale presso la facoltà di Sociologia dell’università Statale di Milano e di Format televisivi e crossmediali all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Paolo Manfredi, consulente per le Strategie digitali di Confartigianato. Il dialogo è stato introdotto e moderato da Giovanni Boccia, Direttore della Fondazione Germozzi.
Nella sua relazione introduttiva, il Vicepresidente di Confartigianato Imprese Sardegna, Fabio Mereu, imprenditore artigiano digitale con esperienza consolidata e internazionale nello sviluppo delle tecnologie a servizio della mobilità ha voluto sottolineare come sia stato il “fervore tecnologico” che caratterizza il nostro tempo a favorire lo sviluppo di questa “nuova rivoluzione”, straordinariamente rilevante tanto nelle potenzialità, quanto nella preoccupazione da parte delle imprese verso gli impatti di tecnologie rapide e invadenti, sui sistemi economici e sociali esistenti. Impatti che numerosi studi sottolineano essere potenzialmente molto rilevanti, soprattutto in termini di spiazzamento occupazione e di mercato per molte imprese, certamente a partire dai servizi, ma con conseguenze potenziali anche sul sistema delle imprese artigiane. Conseguenze e rischi non inediti, che anzi hanno accompagnato aspettative e timori di ogni cambio di paradigma tecnologico, anche se nel caso dell’Intelligenza artificiale la combinazione di crescita esponenziale e pervasiva, timore diffuso per conseguenze non completamente controllabili nemmeno dai suoi creatori e potenzialità invasive e distorsive dell’ordine sociale, politico ed economico sollevano timori e in generali sentimenti e opinioni particolarmente forti.
“In questo contesto - ha sottolineato Mereu - la nostra Organizzazione fedele ai valori e allo spirito artigiano, si vuole porre come protagonista attivo, riconoscendo che essere semplici spettatori non è un’opzione, ma piuttosto un momento di arricchimento attraverso l’acquisizione di conoscenze per trasformare questa rivoluzione in opportunità. L’artigianato, pilastro fondamentale dell’identità culturale ed economica, è chiamato oggi a una sfida entusiasmante: come integrare l’IA nelle tradizioni artigianali senza comprometterne l’unicità e la sopravvivenza stessa? Gli artigiani, custodi di una tradizione millenaria, portano con loro una conoscenza e un saper fare unici. In un’epoca di incertezza e cambiamenti, è cruciale che le imprese artigiane rivendichino con orgoglio la propria identità, difendendo i valori dell’impresa diffusa e del saper fare umano”.
Consapevole della portata della sfida, nel corso del dialogo Confartigianato ha tenuto a ribadire che non ritiene l’IA una minaccia, bensì come un’opportunità. Governarla con l’intelligenza artigiana significa trasformarla in uno strumento che esalta la creatività e le competenze inimitabili degli imprenditori artigiani. Nessun algoritmo può replicare l’anima dei prodotti e dei servizi artigianali che rendono unico nel mondo il made in Italy. È però urgente rafforzare un “sistema di anticorpi” per proteggere le imprese dagli effetti negativi di una gestione scriteriata dell’intelligenza artificiale, evitando il rischio di “disoccupazione tecnologica”.
Per Marco Bettiol, Professore Associato in Economia e Gestione presso il Dipartimento di Economia e Gestione dell’Università di Padova, “l’intelligenza artificiale è solo una copia mentre le imprese devono puntare all’originalità che non potrà essere mai battuta da una macchina e che, semplicemente, riproduce dati. Per questo è necessario puntare alla valorizzazione del legame tra cultura e territori, ed esaltare l’autenticità delle produzioni”.
Secondo Paolo Manfredi, consulente per le Strategie digitali di Confartigianato, invece il dilemma da risolvere è quello di capire come, per esempio i distretti in crisi possano sfruttare l’Intelligenza artificiale per ammodernarsi: “Di questa nuova tecnologia dobbiamo sfruttare il meglio per applicarla alle nuove produzioni e sviluppare nuovi patrimoni di conoscenza, Siamo molto lontani dalla situazione in cui un impresa artigiana potrà essere completamente affidata all’intelligenza artificiale”.
Per Mauro Magatti, Professore ordinario di Sociologia alla facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, l’intelligenza artificiale, in questo momento, solo risposte ovvie: “Dobbiamo affrontare un nuovo umanesimo e quindi lavorare per l’umanizzazione delle tecnologie digitali perché il volere degli artigiani deve essere sempre primario rispetto alle macchine”.
Secondo Giulio Sapelli, Presidente Fondazione Germozzi, “il processo di cambiamento uomo-macchina dura da tempo e mai l’esperienza umana potrà essere sostituita da una qualsiasi intelligenza meccanica. Per questo non bisogna farsi abbacinare dai grandi cambiamenti ma, al contrario, bisogna lavorare per incrementare l’intelligenza delle persone e degli imprenditori”.
Al termine di quasi due ore di confronto di idee vibrante, è prevalso un cauto ottimismo: la sfida è importante, a tratti storica, e tocca alcune componenti fondamentali del valore artigiano, innanzitutto quella conoscenza che ne rappresenta il cuore, passa da generazione in generazione e oggi deve porsi la questione di come essere codificata e trasmessa nel contesto digitale, anche per non disperdersi. Ci aspettano mesi, anni, di duro lavoro per traghettare quante più imprese artigiane nel nuovo paradigma, ma la determinazione non manca.