E’ un no secco quello che arriva da Confartigianato allo sconto sulle fatture per gli interventi relativi all’ecobonus e al sismabonus, previsto dal Decreto Crescita. La misura contestata da Confartigianato, e approvata definitivamente oggi dal Senato, prevede che i cittadini che effettuano lavori di riqualificazione energetica o antisismici, possano chiedere, in alternativa alla detrazione fiscale dal 50% all’85% spalmabile in 10 anni, uno sconto immediato sulle fatture da parte dell’impresa che ha realizzato i lavori. Sconto che l’impresa potrà farsi rimborsare dallo Stato tramite un corrispondente credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione, in cinque anni. Inoltre, l’impresa potrà scegliere di cedere il credito così acquisito ai suoi fornitori di beni e servizi. Non potrà invece cederlo a istituti di credito e intermediari finanziari.
Secondo Confartigianato questo meccanismo penalizza proprio le migliaia di piccole imprese del ‘sistema casa’ che non dispongono della capacità finanziaria per ‘anticipare’ lo sconto al cliente e non sono in grado di sopportare l’onerosità dell’operazione di cessione del credito. Di fatto, con la misura del Decreto crescita rischiano di essere tagliate fuori dal mercato.
La Confederazione ha sempre contestato lo sconto in fattura perché premia i grandi a discapito del piccoli. Si rischia, infatti, di creare una distorsione del mercato in cui soltanto i fornitori più strutturati e dotati di elevata capacità organizzativa e finanziaria potranno anticipare ai clienti la liquidità necessaria a ottenere lo sconto, e disporranno della capienza fiscale sufficiente per compensare il credito di imposta. Insomma, secondo la Confederazione, si finirebbe per creare un grande ‘supermarket di moneta virtuale’ che verrà gestita da grandi gruppi industriali e dalle principali multiutility, oggi fortemente presenti nel mercato della fornitura di prodotti e nell’offerta di servizi relativa all’ecobonus.
Confartigianato continua a battersi contro la misura del Decreto Crescita, anche segnalando il caso all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.